La Costituzione contribuì in maniera essenziale alla strutturazione
delle basi del nostro Diritto del lavoro, introducendo principi che, successivamente,
lo Statuto dei lavoratori avrebbe fatto propri. Principi come quelli
dell'Art. 1: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro.” e dell'Art. 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto ad ogni cittadino.
Le conquiste ottenute riguardavano significative limitazioni opposte avverso una certa "disinvoltura" nella gestione dei lavoratori: la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche, il divieto di mediazione di lavoro (caporalato), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto ad ogni cittadino.
Le conquiste ottenute riguardavano significative limitazioni opposte avverso una certa "disinvoltura" nella gestione dei lavoratori: la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche, il divieto di mediazione di lavoro (caporalato), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate.
Dalla metà
degli anni 70 il lavoro viene colpito ed i lavoratori non hanno più garanzie e
certezze per il futuro. L’Art 18, (reintegrazione del posto di lavoro) dello
Statuto è sempre stato oggetto di dispute e lotte, e oggi più che mai, grazie
ai partiti attuali, partiti di plastica e perfettamente inseriti
nell’involuzione culturale berlusconiana, assenti o di parte, si agevola la
classe imprenditoriale, modificando il citato articolo, con l’intento pian
piano di abrogarlo definitivamente. Ai giorni nostri si arriva a vedere un
Marchionne che guadagna quanto 450 operai e priva gli stessi di ogni garanzia e
diritto per delocalizzare all’estero. Eppure, l’Art 41 della Costituzione
recita: “’Iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi contro
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana.” o l’Art 36 che recita testualmente: “Il lavoratore ha diritto
ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in
ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e
dignitosa.”
Dubito che
i padri costituenti avessero in mente il progetto di società dei Marchionne
quando scrissero l’Art 1 della Costituzione. Viene tanto decantata la libertà
(parola usata in modo assolutamente sterile e privo di significato) dai partiti
di oggi, ma che significato può rivestire la libertà se non la si associa
all’uguaglianza? Nessuno! Ed i costituenti non a caso, nell’Art 3, posero il
principio dell’uguaglianza formale e di quella sostanziale.
Emilia
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