Con
la raccomandazione 92/441 CEE sulla garanzia minima di risorse, già nel lontano
24 giugno 1992 l’Europa aveva invitato gli stati membri, ad adottare il reddito
minimo nei loro sistemi di welfare.
Nel 2000, allora ministro Livia Turco, prova
a mettere in pratica (in via sperimentale) la raccomandazione dell’Europa, ma
viene bloccata quasi subito (come al solito cade il governo, vince Berlusconi…e
il resto è noia…)
Nel tempo tutti gli stati si sono adeguati,
(persino Spagna e Portogallo), e ne sono rimasti fuori la Grecia, l’Ungheria e
l’Italia…
Il nuovo ministro del welfare Enza Fornero,
per essere in linea con le politiche sociali dell’Europa, torna all’attacco con
una proposta sul reddito minimo garantito, ma intorno al tavolo di lavoro dove
partecipano anche Confindustria ed i sindacati scende il gelo….e mentre Confindustria
ha paura che un simile modello di ammortizzatore sociale costi troppo e rischia
di disincentivare il lavoro ( ma soprattutto non si potrebbe più sfruttare
oltre limite nessuno ), i sindacati sono convinti che il reddito minimo garantito sia un provvedimento assistenzialista,
che non incoraggi seriamente il lavoratore a cercare una nuova occupazione ( o
molto probabilmente toglie a loro il contributo delle tessere nel periodo di
CIT dove
in pratica il lavoratore è già disoccupato ).
Come ammortizzatori sociali abbiamo la cassa
integrazione, che consistente in una prestazione economica in favore dei lavoratori non impiegati o impiegati a tempo ridotto
dall’azienda, in modo di venire incontro alle aziende
che si trovino in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi della
manodopera temporaneamente non utilizzata.
La
cassa integrazione è di due tipi:
-
ordinaria, attivabile a fronte di
eventi transitori non imputabili all’imprenditore o agli operai ed è erogata
dall'Inps, per una durata di massimo 52 settimane, prorogabile di ulteriori 13
più 13 settimane, con una retribuzione globale non superiore all’80% dello
stipendio;
-
straordinaria, disposta in caso di
crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione aziendale, in caso di
fallimento o liquidazione coatta e viene erogata dal Ministero del Welfare. Ne
hanno diritto le aziende con più di 15 dipendenti al momento della richiesta di
tale finanziamento, in accordo con le rappresentanze sindacali, per una durata
di 12 mesi, prorogabile per altri 6 mesi e comunque non oltre i 36 mesi
nell’arco di 5 anni.
Questo
modello di sussidio permette di mantenere un rapporto contrattuale tra azienda
e dipendente, gestito dai sindacati, e che potrebbe riprendere il posto di
lavoro se la crisi passa, ma che allo stesso tempo non copre tutte le categorie
di lavoratori, benché l’impegno (scarso) di estenderlo a tutti.
Il
reddito minimo garantito invece è
una forma di sostegno economico finalizzato a consentire a ciascuno di
soddisfare i propri bisogni di base e ne dovrebbero beneficiare coloro che non hanno
un lavoro perché lo hanno perso oppure i giovani in cerca di un primo impiego o
coloro che hanno un reddito troppo basso per sopravvivere (molti paesi hanno
adottato questa forma di aiuto sociale).
Il
reddito minimo sarebbe un aiuto concreto per tutti i disoccupati (e non solo
alcune categorie), che oggi varia da paese a paese, ma se ben strutturato
potrebbe, al contrario di quanto detto dalla Confindustria e parti sociali, incentivare
il lavoro.
Oggi
la cassa integrazione non da la certezza di riavere il posto di lavoro che si
aveva, ma spesso si finisce per essere in ogni caso mandati via, senza parlare
che a questo sussidio i lavoratori delle piccole imprese non ne hanno accesso.
Certo,
l’alternativa alla cassa integrazione è il licenziamento perché non si possono
sostenere entrambi modelli di ammortizzatori sociali, ma il lavoratore si
troverebbe con un reddito garantito che gli
permetterebbe di cercare un altro impiego con più tranquillità senza farsi
sfruttare per necessità.
E’
anche vero però che per dare modo al lavoratore di cercare un posto di lavoro,
si devono ritirar fuori gli uffici di collocamento e limitare i tipi di
contratto, favorendo quelli a tempo indeterminato, facendoli diventare più cari
quelli a tempo determinato e abbassare l’età entro quale un lavoratore può
essere assunto come apprendista….e questo dovrebbe essere l’inizio della
riforma… E fare delle regole semplici e comprensibili che spieghino i
requisiti necessari per avere diritto al reddito minimo garantito e a che cifra
ammonterebbe (negli altri stati si parte da un minimo di 350 euro fino ai 800
euro dell’Irlanda).
La
domanda a questo punto è lecita! I sindacati si oppongono effettivamente
perché sanno che in questa maniera
perderebbero la centralità di richiesta e gestione della cassa integrazione a
favore di pochi con tutto quello che segue a loro favore? E la Confindustria che sa che in questa maniera salterebbero tanti
aiuti a fondo perduto a favore delle
aziende e nello stesso contempo finirebbero tante piccole ( diciamo così )
forme di sfruttamento su lavoro?
Ai
posteri l’ardua sentenza ben sapendo che in Italia l’inciucio è all’ordine del
giorno ed a pagare è sempre PANTALONE…………………………………………………………………………………………………………………………………..
Emilia