venerdì 9 dicembre 2011

Lavoro e sicurezza


Qualche giorno fa, l’articolo di un giornale locale sulla morte di una ragazza 22ene e assunta mezz’ora dopo la sua morte, ha fatto il giro del web, e ahimè, i media tradizionali non ne hanno fatto cenno. 

Operaia di 22 anni uccisa da un muletto, regolarizzata mezz'ora dopo la morte”, questo il titolo dell’articolo, e Maria Muntean ha perso la vita schiacciata nell’azienda di confezionamento di frutta e verdura a San Pietro di Cavarzere.

La domanda nasce spontanea, quali saranno le sanzioni per il datore di lavoro? Nessuna, o quasi, vale a dire una misera multa perché i dati del lavoratore non sono stati inviati nei 5 giorni massimi dall’assunzione, un’irrisoria penale, che non vale il prezzo di una vita, e di sicuro non abbastanza da evitare in futuro simili atteggiamenti da parte di altri datori di lavoro, che continuano a sfruttare gli stranieri cosi come gli italiani, i giovani o gli anziani, solo perche la legge si può aggirare, in quanto non ci sono severi controlli e il più delle volte, chi controlla chiude un occhio o anche tutti e due, perché spesso a chi spetta il compito di vigilare sulla questione sicurezza è un dipendente dell’impresa stessa.… E questo viene dimostrato dal fatto che nell’arco di 15 giorni, nel veneziano, oltre alla giovane ragazza, è morto anche un pensionato di 61 anni, che lavorava in nero in una ditta di lavorazione del marmo a Moniego di Noale.

Eppure per il nostro paese questi sono avvenimenti di ordinaria routine, ed abbiamo il non invidiato primato delle vittime sul lavoro in Europa. Si continua a morire sul lavoro e anche il numero degli infortunati, seppur in calo, è sempre troppo elevato. L’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi, anche se la legislazione ha fatto notevoli progressi, perché siamo un paese con una carente cultura di avversione al rischio.

L’ultima indagine condotta dagli esperti dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, rivela dei dati allarmanti. Nei primi mesi del 2011, le morti sui luoghi di lavoro sono state 460, con un aumento del 24% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che ne ha fatte registrare in totale 526. Le cause sembrano essere il caporalato selvaggio, le assunzioni a giornata, le violazioni delle norme sulla sicurezza e il lavoro sommerso. E ottobre è il mese che ha fatto registrare il più triste primato con 57 morti, rispetto alla media mensile dei decessi che è stata pari a 46.

I dati, quindi, non lasciano dubbi: la situazione peggiora e l’incremento della mortalità del 4.3 %  tra il 2010 e il 2011 ne è una conferma. Secondo le stime di Vega Engineering, in testa alla classifica con più incidenti troviamo la Lombardia con 60 vittime, seguita dall’Emilia Romagna (42), dal Piemonte (39), dal Veneto (38), dalla Toscana (34), da Sicilia e Campania (32), dal Lazio (29), dalla Puglia (28). I campi continuano ad essere il luogo in cui si spezza il maggior numero di vite sul lavoro (39,6%), poi c’è il settore delle costruzioni (22,2), segue il commercio e le attività artigianali (13,9).
Tra le cause di morte in cima alla graduatoria è la caduta di persona dall’alto, seguita dal ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento e in fine lo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti sulle vittime.
Le donne decedute sono 12 in dieci mesi cinque nel solo mese di ottobre, gli stranieri che hanno perso la vita sul lavoro in Italia sono 54, e si tratta soprattutto di rumeni e albanesi. Le fasce d’età più a rischio sono quelle di quarantenni e cinquantenni, ma resta preoccupante anche il numero di vittime tra gli ultrasessantenni.
Non si può ancora oggi, morire sul lavoro. Basterebbe che le aziende prendesse sul serio la sicurezza sul lavoro, perché alle imprese spetta l’onere di riflettere su come azzerare questi rischi, e allo stesso tempo educare il lavoratore non solo a osservare e pretendere le condizioni necessarie per lo svolgimento del proprio lavoro in completa sicurezza, ma a denunciare i casi in qui questo diritto viene a mancare.
In conclusione, per rimediare a questo primato che non ci fa onore, servirebbe un maggiore investimento sulle attività di prevenzione e controllo, la promozione di iniziative informative, formative e culturali che sviluppino nel medio -lungo periodo una maggiore attenzione alla prevenzione, ma soprattutto l’introduzione di sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti e l’organizzazione di un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l’applicazione certa e rapida delle sanzioni.




Emilia Sirbu

 


Notizie dai Fronti

  
No Discariche
Oltre a Malagrotta, anche Guidonia possiede una discarica piuttosto ingente.
Purtroppo però il sottosuolo di essa è contaminato da quantitativi di nichel, nitriti, ferro, manganese e altre sostanze inquinanti.
Lo ha comunicato martedì 6 dicembre la Provincia di Roma che, dopo aver raccolto la pressante richiesta del sindaco della cittadina Eligio Rubeis, ha emesso un’ordinanza di diffida a carico di Ecoitalia 87.
«Abbiamo fatto quello che nessuno ha mai immaginato nel Lazio, e forse in tutta Italia – racconta a Corriere.it il Sindaco Rubeis pochi minuti dopo aver ricevuto copia dell’atto ufficiale.
Lo schema può essere ripetuto in tutte quelle località dove l’ambiente è a rischio contaminazione: se i comuni si sentono lesi – prosegue battagliero il sindaco – sanno che esiste un decreto, il 152 del 2006, che obbliga le province a richiedere interventi immediati dopo la convocazione delle conferenze dei servizi».   
fonte roma easy