Ora ad Atene è
tornata la calma e l’ordine regna sovrano. Adesso, che il gas dei lacrimogeni a
Piazza Syntagma s’è diradato ed il popolo greco soggiace inerme, la piccola
Grecia con le reni finalmente spezzate s’è quietata come l’Egeo quando il
Meltemi smette all’improvviso di soffiare. E mentre i greci nel chiuso delle
loro case, quelli che ne hanno una, prendono coscienza della loro tragica
condizione che annuncia decenni, almeno, di miseria e povertà per tutti, ecco
uscire allo scoperto i “vincitori” di questa guerra condotta senza quartiere,
né rispetto, da figli depravati contro la Madre di tutte le culture
occidentali. Ecco Olli Rehn, un oscuro burocrate finlandese, che vorrebbe
Mykonos e Samos in pegno dalla Grecia, Commissario Europeo per gli Affari
Economici e Monetari, formatosi negli USA nel Minnesota, il quale, dopo un
master ad Helsinky, nulla ha trovato di meglio che di approdare nella Comunità
per meriti misteriosi. Quest'uomo è colui che si è sentito “autorizzato” ad
offendere gli italiani, che ha consigliato di giocare contro il debito pubblico
e lo spread come nel calcio, col “catenaccio”. S’è scomodato a scendere dal suo
ufficio in sala stampa per elevare pena allo spread, sottolineare l’impennata
delle borse, per festeggiare lo scampato pericolo di default, con Barroso ed i
suoi amichetti delle banche. “Adesso -annuncia- potremo concedere il prestito
ai greci”, 130 mdi di euro che sono la polizza di assicurazione per le banche
franco-tedesche che hanno i forzieri stracolmi di bond greci che, senza questo
accordo, rischiavano di essere solo carta straccia. Ed ecco la Merkel
soddisfatta, mentre Sarkozy tenta di arrogarsi grossa parte del merito di
questa soluzione che gli concede respiro in una campagna elettorale irta di
insidie per lui. Persino l’imbelle Monti può pavoneggiarsi per aver anticipato
agli italiani gli stessi sacrifici ora imposti alla Grecia. Solo che c’è una
piccola differenza: l’Italia è il sesto paese industrializzato del mondo, domina
incontrastata interi settori produttivi del pianeta, ha risorse umane che le
consentono di sopravvivere anche ad una tremenda crisi come questa, mentre la
Grecia ha il PIL della provincia di Treviso e non dispone di risorse economiche
al di là del turismo e dell’yogurt. E poi l’Italia non è stata costretta a
ridurre del 20 % tutti gli stipendi e gli assegni di pensione, a licenziare
direttamente 30.000 dipendenti pubblici, ad adottare contratti di lavoro
aziendali e mettere al bando quelli nazionali collettivi.
Ed ora ci
chiediamo: ma è questa l’Europa? Può essere questa l’Europa sognata dai padri
fondatori dell’Unione? E’ questa quella comunità dove pace, concordia e
prosperità avrebbero dovuto beneficiare popoli fratelli, ciascuno nel segno
della propria identità culturale e le proprie tradizioni secondo quanto
vagheggiato da Jean Monnet, Robert Schumann, Alcide De Gasperi, Paul - Henri
Spaak, il tedesco Konrad Adenauer, cioè dai padri fondatori dell’Europa? Cosa
potrebbero mai dire questi personaggi di fronte allo scempio attuato da
Berlino, alla debolezza di Parigi ed ai tentennamenti di Roma di fronte ad
un’azione punitiva che ha un punto di partenza ipocrita, salvare le banche
tedesche e francesi, ed un punto d’arrivo folle: ridurre in povertà una nazione.
E’ passata la
linea dura, quella del prendere o lasciare, del sottostare od andarsene, alla
fine sposata pure dal ministro delle Finanze greco, Venizelos, che ha affermato
di “aver scelto il male per evitare il peggio”. Sono queste le alternative che
Mamma Europa sottopone ai suoi figli-stati membri? Scegliere tra il male ed il
peggio? Ma non si doveva crescere tutti insieme uniti, solidali e nel
benessere?Una soluzione quella per la Grecia basata sulla recessione e
l’impoverimento di un intero popolo. Siamo tutti sicuri che sia la soluzione
giusta? S’è forse voluto prendere una decisione “esemplare” che sia di monito
anche all’Italia, alla Spagna, all’Irlanda ed al Portogallo?
Noi riteniamo
che il risultato di questa politica dissennata dell’Ue in Grecia sarà quello di
innescare una tensione sociale senza più limiti, la depauperazione della
ricchezza, la fuga degli ultimi capitali rimasti in quel Paese e la nascita di
uno sfascismo qualunquista che rischia di propagarsi presto al resto
dell’Europa, se non si correrà ai ripari.
Quello di
Atene era un problema relativamente piccolo tre anni fa e lo si poteva
risolvere senza grossi sussulti. Ma Francia e Germania hanno privilegiato i
bilanci delle loro banche ed ora pensano ai loro rispettivi confronti elettorali.
Nel frattempo,
il sogno dell’Europa si sta trasformando in un incubo senza ritorno. È una
situazione che indigna e suscita rabbia, perché nessun popolo va al patibolo
cantando e dicendo grazie. Nessun popolo si fa condurre supino ed imbelle alla
fame ed alla disperazione. E se una folla sterminata, radunata in piazza prima
condannava ed ora applaude indiscriminatamente i presunti ( in realtà solo
gente disperata ) anarchici, black bloc, no global, l’estrema destra e
l’estrema sinistra, vuol dire che la ragione è tramontata da un pezzo e che c’è
il pericolo concreto di un ritorno nel Vecchio Continente del caos e degli anni
di piombo.
E’ questa
l’Europa delle identità nazionali che ci avevano prefigurato i nostri padri?
Era un’Europa come questa fondata sulla brutalità e l’arida logica della
finanza, anziché sullo sviluppo, l’armonia e la solidarietà? Crediamo proprio
di no. E l’asettico pragmatismo, l’oscurantismo dei barbari del Nord non
prenderà mai il sopravvento sulla luce della Civiltà che continuerà a rifulgere
incontenibile. Questo è bene che Monti lo ricordi a se stesso ed ai vichinghi
col viso pitturato che sono accampati a Bruxelles.
Stefano