Benetton in Patagonia: pericolo di nuovi e massicci sgomberi
Nella
Patagonia argentina, Benetton e il governo statale di Chubut preparano una
nuova azione di sgombero; questa volta sono 8 famiglie per lo più formate da
donne, bambini e anziani. L’obiettivo e' aggiungere un ettaro ai 900.000 che di
cui il gruppo italiano e' già proprietario in Patagonia, e impiantare un’attività
turistica approfittando della linea ferroviaria. Per portare avanti il
progetto, sia l’impresa che il governo statale, considerano indispensabile
espropriare la casa a più di 50 persone e smantellare la scuola n.90 che
istruisce e alimenta 18 di questi bambini, alcuni dei quali con seri problemi
di denutrizione. Qui presentiamo la storia di un nuovo sgombero che tuttavia si
può ancora evitare.
By Sebastian Hacher transtaled by http://italy.indymedia.org
La
Trochita, uno dei treni più famosi della Patagonia, e' stato completato nel
1945. Per decenni e' stato il mezzo di trasporto principale per le merci e gli
animali della Argentine Southern Land Company, un agglomerato di fattorie produttive
inglesi donate dal governo argentino dopo il genocidio etnico conosciuto anche
some "La Campana al Desierto".
La
maggior parte del tracciato del treno e le stazioni erano collocate in mezzo
alle proprietà inglesi e ad un centinaio di piccoli paesi, "movimentando
fino a 6 treni al giorno. La compagnia caricava lana, animali, nei tanti punti
lungo il tragitto stando al racconto di Roberto Yanez, un ferroviere in
pensione che ha visto nascere il treno.
Con l’arrivo
dell’asfalto e dei camion negli anni 70, il trasporto commerciale via treno cominciò
a declinare in Argentina. Durante gli anni 90, nel periodo menemista, la
politica di privatizzazioni investì anche il trasporto pubblico e la Trochita finì
in decadenza. La stessa politica menemista permise alla Benetton di comprare a
prezzi stracciati la Argentine Southern Land Company (d’ora in avanti
rinominata 'La Compania'), diventando, di fatto, padrona del 9% delle migliori
terre della regione patagonica.
Oggi, più
di 10 anni dopo, il nuovo progetto turistico auspicato dal governo della
provincia di Chubut consiste nel riabilitare il treno predisponendo un percorso
guidato per la regione e, anche se i funzionari statali negano qualsiasi
relazione con l’impresa italiana, uno delle offerte principali del percorso
turistico sarà la visita alle proprietà dei Benetton.
La
propaganda del progetto lo presenta come 'un vero viaggio alle origini che
parte dalla stazione Cabecera El Maiten fino a Leleque, dove inoltre si potrà
visitare il museo Leleque e degustare una tipica grigliata di carne della
Patagonia nella tenuta della compagnia Benetton'.
Anche il
museo e' di proprietà dei Benetton. Nel servizio offerto dal treno, chiamato
'SCHE', per il passeggero e' previsto un biglietto unico; treno, entrata al
museo e pranzo nelle fattorie dell’italiano; lasciando intendere chiaramente a
che punto arriva l’integrazione tra gli interessi dello Stato e quelli dell’impresa.
L’unica
piccola difficoltà per portare avanti il progetto, un impiccio come lo chiama
Miguel Mateo, coordinatore generale del progetto, sono i quasi 50 bambini che
con le loro madri vivono nella stazione dei treni di Leleque e la scuola a cui
ricorrono loro insieme ai figli di coloro che lavorano per Benetton.
La
stazione
In tutte
le stazioni della linea della Trochita, ci sono delle case costruite, dove
precedentemente vivevano gli impiegati della ferrovia con le loro famiglie.
Dopo la chiusura della linea ferroviaria, lì sono rimasti alcuni pochi
impiegati, la maggior parte dei quali già pensionati, e successivamente
arrivarono lavoratori agricoli senza dimora che si installarono in queste
abitazioni dopo aver ricevuto l’autorizzazione dalla società ferroviaria.
Nella
maggior parte dei casi, il cambiamento si rileva per la possibilità di mandare
i figli a scuola senza che dovessero farsi tutti i giorni numerosi chilometri a
piedi o a cavallo.
Per tutta
la metà del ventesimo secolo, la stazione di Leleque ha sognato di diventare
una cittadina, con servizi quali la posta, un posto di polizia e una strada
asfaltata vera e propria. Don Yanez, 74 anni di età di cui 40 passati a
Leleque, racconta che 'qui era bello, non c'erano problemi, non cerano furti, I
Serquis avevano un bar proprio dove ora c e' il museo, e si riempiva di
gente.'. Era una meraviglia, c'era abbastanza gente, con famiglie anche
numerose, ed e' per questo che e' stata aperta la piccola scuola. Chiunque
camminava come un padrone, andava per i campi, cacciava qualche animale,
procurava uovo di struzzo. Una volta dissero addirittura che avrebbero fatto
una come una riserva indigena, arrivammo a misurare il terreno, ma alla fine
non se ne fece nulla.'
Con la
chiusura del treno e l’arrivo in zona dei nuovi padroni, tutto cambiò, e a
detta di tutti i vecchi abitanti per il peggio. Laura, impiegata de 'La
Compania' da 40 anni e profonda conoscitrice della zona, ci spiega che
'Benetton appena arrivato licenziò molta gente. Se prima cerano 250 lavoratori,
adesso il numero non arriva a 100
in tutta la zona che dipende da Leleque'.
Oltre a ciò,
si presero nuove terre; Laura spiega che 'la strada per il fiume Chubut, che e'
una strada comunitaria non dovrebbe essere chiusa. Ci sono cancellate a chiave,
e per entrare devi chiedergli permesso e non si può pescare più del consentito perché
non te lo permettono. In fondo alla strada vivono delle famiglie, però non
possono uscire da lì, devono fare 90 chilometri in più.
Anche la
vecchia stazione di Leleque ha sofferto dei cambiamenti. Don Yanez si lamenta
che 'adesso siamo intrappolati e possiamo uscire solo da un lato', perché da
anni le vecchie strade comunitarie sono state incorporate dalle proprietà dei
Benetton. Leleque e' rimasta un’isola di un ettaro nel mezzo di un mare di
recinzioni, e nemmeno si può transitare per le vecchie vie provinciali. ‘
I
problemi con i proprietari per questi motivi sono frequenti. Don Yanez e' stato
protagonista di alcuni di questi. "Una volta sono stato attaccato dall’amministratore.
Mi chiese perché gli stessi occupando il campo. Io gli dissi 'Signore, io non
sto occupando nessun campo, lavoro da queste parti da 40 anni'. Non successe
niente ma mi rimproverò ugualmente, non tenevo niente di più che un ramo e lui
aveva dei guardaspalle.”.
Da 3
anni, l’ostilità degli amministratori de 'La Estancia', agli ordini di un
responsabile non casualmente di nome Ronald Mac Donnals, si e' trasformato in
un progetto concreto. Le intenzioni della compagnia erano sgomberare le case,
smantellare la stazione e spostare tutto nella parte dietro del museo, affinché
si potesse mettere in essere il percorso turistico completo. E se ancora il
progetto non e' avanzato a causa di un ricorso che ha dichiarato la stazione
'patrimonio provinciale', l’idea e' rimasta fluttuante nell’aria, e la minaccia
di sgombero ha cominciato a rovinare la vita degli abitanti del luogo. Lo
stato, come al solito, si e' convertito nell’incaricato di fare 'il lavoro sporco,
di togliere degli abitanti dal luogo in cui vivono.
Gli
sgomberati di sempre
Una
rapida occhiata ai cognomi delle famiglie minacciate e' sufficiente per farsi un’idea
della situazione; Nahuelquir, Curiñanco, Antieco, Quilaqueo; tutti cognomi
originari del popolo Mapuche, contadini strappati alle loro terre e costretti a
lavorare per un salario da fame affinché i loro sfruttatori continuino ad
arricchirsi. La situazione sociale nella zona e' critica. Le case non hanno
l'acqua potabile, e per recuperarla bisogna scavalcare una recinzione dei
Benetton e andare con le taniche fino ad un ruscello che di inverno diventa
secco. Non ce' gas, e la caccia e la raccolta delle uova di struzzo e' regolata
dal capriccio de 'La Compania'. Non ce' nemmeno un presidio sanitario, a detta
degli abitanti perché 'La Compania' si e' opposta alla proposta. Molti fanno
notare che la guardia medica aveva detto di aver parlato con MacDonnals ma che
lui non ha dato l'approvazione'. Il medico, quindi, viene una sola volta al
mese, quando "già tutto il mondo e' guarito. Il mese scorso tutti i
bambini avevano la tosse, e quando e' arrivato già stavano tutti bene".
Nonostante
questa 'disattenzione', o forse come parte di essa, tutte le donne del luogo
ricevono gratuitamente il DIU, un dispositivo intra-uterino che impedisce che
possano rimanere incinte di nuovo.
Silvana
Vazquez e' la direttrice e una delle maestre della scuola n. 90 di Leleque. Gli
alunni, divisi in due piccole classi, ricevono tutti i giorni un pasto caldo e un’educazione
che gli permette di completare il nono anno dell’EGB. Silvana racconta con
angoscia le peripezie che stanno vivendo gli alunni e il personale della
scuola.
"E'
da due o tre anni che non possiamo più portare avanti i progetti che abbiamo.
Vogliamo fare un orto biologico, piantare alberi, ma viviamo sempre sotto la
minaccia di dovercene andare. E' una situazione stressante, nonostante il luogo
sia tranquillo, perché non sappiamo cosa potrà succedere il prossimo
anno". Hanno cominciato a venire -
racconta - per fare pressione direttamente sulle famiglie, alle madri che
vivono in casa con i loro figli, vanno casa per casa, ma alla scuola non sono
mai venuti. Vengono dando in ogni casa una notizia differente, nulla e' mai
chiaro”. Questo genere di pressioni e' fatto direttamente dal personale de 'La
Compania'.
Una delle
principali promesse che gli abitanti di Leleque hanno ricevuto da parte dello
Stato e' di consegnarli delle case e dei terreni a Esquel o a El Maiten, a
basso costo o attraverso dei crediti emessi dallo Stato stesso.
A
Patrizia, che ha 6 figli, le hanno detto che "ci avrebbero fatto una casa
a basso costo a Esquel. Che dobbiamo trovare il terreno e che loro poi si fanno
carico dei materiali". A Norma e ai suoi 9 figli, le hanno offerto un
accordo differente. Racconta che le hanno chiesto "se teniamo un altro
posto dove andare, o se potevamo trovarne uno, perché vogliono sistemare questo
posto perché ci venga a lavorare gente del turismo". A Dona Candelaria,
una pensionata delle ferrovie di 87 anni, le hanno promesso prima una casa a
Esquel, che lei ha rifiutato perche come dice vivere in quella città sarebbe
come "essere detenuta", e allora hanno cominciato a dirle che si
sarebbe potuto
trattare perché
lei rimanesse lì. Però al suo vicino, Don Yanez, gli hanno detto che "sarà
difficile che la vecchietta che vive qui di lato potrà rimanere".
E così e'
stato con tutte le famiglie.
Le varie
promesse non sono state mai mantenute, nonostante la minaccia di sgombero
diventasse giorno dopo giorno più concreta. "Vogliamo fare il trasloco
prima dell’estate", spiega diligentemente il funzionario della compagnia
ferroviaria, come se si trattasse di un semplice spostamento di cose.
Alla fine
di Agosto, per aumentare la pressione, e' arrivata una cirolare che soddisfa
una vecchia aspirazione degli amministratori de 'La Compania'; la proibizione
di tenere animali, dal bestiame fino ai cani e le galline, una delle poche
forme di sussistenza che hanno gli abitanti del luogo.
Le
pressioni sono continuate con lo scopo di convincere i ragazzi della scuola,
proponendo addirittura di portarli in centri d’accoglienza nella zona. Patrizia
racconta che "Quando e' venuto Don Matteo mi ha chiesto se avevo ritirato
i libretti dei ragazzi, lui voleva toglierli dalla scuola ma io non glieli
diedi". Lo stesso funzionario ha redatto richieste di terreni a El Maiten
e Esquel a nome della sua famiglia, per accelerare o trasferimenti. Quando gli
chiediamo sopra la situazione di Patrizia e dei suoi figli, Miguel Mateo si e'
giustificato dicendo "di aver fatto la richiesta come favore, perché lei
lo aveva chiesto ma non l' aveva ancora fatta. Le ho detto di leggerla e di tenersi
una copia". Però per Patrizia le cose sono differenti. Ci spiega che il
funzionario "ha voluto che firmassimo delle carte, però io non ne ho
firmata nessuna, perché non so leggere".
Il
vecchio mestiere di resistere.
Da poco,
e con la minaccia dello sgombero sempre più vicina, gli abitanti hanno
cominciato a organizzarsi. Patrizia ci racconta che quando arriva il
funzionario della compagnia ferroviaria "prima andava di casa in casa, e
non sapevamo cosa diceva agli altri, non ci riceveva mai insieme, adesso ce' più
unione e ne parliamo tra tutti".
Uno degli
esempi che portano gli abitanti e' quello della stazione di Nahuelpan, che sta
sulla stessa tratta ferroviaria, dove arrivano quasi 12.000 turisti all’anno. A
differenza della stazione Leleque, quella di Nahuelpan sta' all’interno della comunità
Mapuche, e le case della vecchia stazione, dove vivono parecchi abitanti della
zona, sono stare ristrutturate dal comune.
Dal
momento che lì non ci sono interessi di Benetton, i poveri non sembrano dare
fastidio, e la maggior parte di essi vendono torte fritte, organizzano
cavalcate e vendono artigianato Mapuche ai turisti. Prane, uno dei Tehuelche
che vive a Nahuelpan, ci racconta che tutte le volte che passa il treno,
guadagna tra i 40 e gli 80 pesos, e che la maggior parte delle volte, la
domanda finisce per essere superiore all’offerta di pane e torte che cucina
nella sua casa.
Patrizia
vede le cose in modo diverso. Si rammarica che "per loro non valiamo
niente. O che non abbiamo alcuna capacità". Però tutte loro, dalla più
giovane fino a Dona Candelaria, sono esperte, come qualsiasi altra donna
Mapuche, nel filare e nella tessitura, oltre al fatto che sono eccellenti
cuoche, e in attività da cui si potrebbe trarre guadagno in campo turistico.
I bambini
di Leleque anche loro hanno molto da dire. La maestra racconta che "arrivò
a scuola un progetto del ministero dell’educazione in collaborazione con le
poste, dove i bambini dovevano scrivere lettere con il francobollo già pagato
dalle poste. Abbiamo fatto un lavoro con gli alunni del terzo ciclo, e loro
hanno scritto lettere a tutti i giornali del paese. Si lamentano della
situazione penosa in cui vivono, dicono che vogliono rimanere, che non vogliono
che si chiuda la scuola.
Anche gli
stessi impiegati di Benetton sono scontenti della situazione. Laura ci conferma
che "non e' solo la gente della compagnia ferroviaria che vuole sgomberare
la gente. Fanno lo stesso da tutte le parti perché non vogliono lasciare gente
estranea alla compagnia".
Il
vecchio mestiere di sgomberare.
I
tramonti a Leleque, tra le colline e l’orizzonte recintato da Benetton sono uno
spettacolo imponente, Il vento fa volare le foglie degli alberi, mentre tutto
si tinge di dorato, si ascoltano le risa dei bambini che giocano a calcio
dentro il perimetro della stazione.
E' uno
spettacolo patagonico. Inospitale ma con tutto il fascino che solo la natura può
avere.
E' una
vita così tranquilla che l’arrivo di una visita o qualsiasi fatto fuori dalla quotidianità
si converte in una notizia di cui si parla per molto tempo, e va a far parte
della serie di aneddoti che, condividendo un matè amaro, ci raccontano gli
abitanti del luogo.
Di notte,
il silenzio solo viene interrotto dal crepitare della legna nelle stufe, e il
latrato di alcuni cani che da lontano difendono le pecore dalle volpi in cerca
di cibo.
Penso che
solo per il fatto di smantellare questo luogo, e di togliere il sorriso ad un
pugno di bambini, Benetton non ha alcun diritto di appropriarsi di un
centimetro di più.
Però non
si tratta solo di questo, ma sopratutto di una sequenza di sgomberi ed
ingiustizie che ormai si succedono da più di 100 anni, e che l’arrivo di nuovi
re della Patagonia non ha fatto altro che ravvivare. L’acquisto di una
provincia intera, lo sgombero dei Curiñanco un anno fa', la chiusura e la
deviazione del corso di alcuni fiumi e strade comunitarie, la recinzione di
terre e riserve indigene, sono solo i precedenti di questo nuovo caso di
sgombero, forse il più grande e il più auspicato da parte dello Stato negli
ultimi anni.
Permetteremo
che si prendano un altro pezzo di paese?