venerdì 10 gennaio 2014

Lavoro e dintorni

La Costituzione contribuì in maniera essenziale alla strutturazione delle basi del nostro Diritto del lavoro, introducendo principi che, successivamente, lo Statuto dei lavoratori avrebbe fatto propri. Principi come quelli dell'Art. 1: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” e dell'Art. 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. 
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto ad ogni cittadino. 
Le conquiste ottenute riguardavano significative limitazioni opposte avverso una certa "disinvoltura" nella gestione dei lavoratori: la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche, il divieto di mediazione di lavoro (caporalato), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate.
Dalla metà degli anni 70 il lavoro viene colpito ed i lavoratori non hanno più garanzie e certezze per il futuro. L’Art 18, (reintegrazione del posto di lavoro) dello Statuto è sempre stato oggetto di dispute e lotte, e oggi più che mai, grazie ai partiti attuali, partiti di plastica e perfettamente inseriti nell’involuzione culturale berlusconiana, assenti o di parte, si agevola la classe imprenditoriale, modificando il citato articolo, con l’intento pian piano di abrogarlo definitivamente. Ai giorni nostri si arriva a vedere un Marchionne che guadagna quanto 450 operai e priva gli stessi di ogni garanzia e diritto per delocalizzare all’estero. Eppure, l’Art 41 della Costituzione recita: “’Iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi contro l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” o l’Art 36 che recita testualmente: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”

Dubito che i padri costituenti avessero in mente il progetto di società dei Marchionne quando scrissero l’Art 1 della Costituzione. Viene tanto decantata la libertà (parola usata in modo assolutamente sterile e privo di significato) dai partiti di oggi, ma che significato può rivestire la libertà se non la si associa all’uguaglianza? Nessuno! Ed i costituenti non a caso, nell’Art 3, posero il principio dell’uguaglianza formale e di quella sostanziale.

Emilia

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