giovedì 8 marzo 2012

Benetton la storia di come il capitalismo per soldi distrugge un popolo e la sua terra



Benetton in Patagonia: pericolo di nuovi e massicci sgomberi

Nella Patagonia argentina, Benetton e il governo statale di Chubut preparano una nuova azione di sgombero; questa volta sono 8 famiglie per lo più formate da donne, bambini e anziani. L’obiettivo e' aggiungere un ettaro ai 900.000 che di cui il gruppo italiano e' già proprietario in Patagonia, e impiantare un’attività turistica approfittando della linea ferroviaria. Per portare avanti il progetto, sia l’impresa che il governo statale, considerano indispensabile espropriare la casa a più di 50 persone e smantellare la scuola n.90 che istruisce e alimenta 18 di questi bambini, alcuni dei quali con seri problemi di denutrizione. Qui presentiamo la storia di un nuovo sgombero che tuttavia si può ancora evitare.

By Sebastian Hacher    transtaled by http://italy.indymedia.org

La Trochita, uno dei treni più famosi della Patagonia, e' stato completato nel 1945. Per decenni e' stato il mezzo di trasporto principale per le merci e gli animali della Argentine Southern Land Company, un agglomerato di fattorie produttive inglesi donate dal governo argentino dopo il genocidio etnico conosciuto anche some "La Campana al Desierto".
La maggior parte del tracciato del treno e le stazioni erano collocate in mezzo alle proprietà inglesi e ad un centinaio di piccoli paesi, "movimentando fino a 6 treni al giorno. La compagnia caricava lana, animali, nei tanti punti lungo il tragitto stando al racconto di Roberto Yanez, un ferroviere in pensione che ha visto nascere il treno.
Con l’arrivo dell’asfalto e dei camion negli anni 70, il trasporto commerciale via treno cominciò a declinare in Argentina. Durante gli anni 90, nel periodo menemista, la politica di privatizzazioni investì anche il trasporto pubblico e la Trochita finì in decadenza. La stessa politica menemista permise alla Benetton di comprare a prezzi stracciati la Argentine Southern Land Company (d’ora in avanti rinominata 'La Compania'), diventando, di fatto, padrona del 9% delle migliori terre della regione patagonica.
Oggi, più di 10 anni dopo, il nuovo progetto turistico auspicato dal governo della provincia di Chubut consiste nel riabilitare il treno predisponendo un percorso guidato per la regione e, anche se i funzionari statali negano qualsiasi relazione con l’impresa italiana, uno delle offerte principali del percorso turistico sarà la visita alle proprietà dei Benetton.
La propaganda del progetto lo presenta come 'un vero viaggio alle origini che parte dalla stazione Cabecera El Maiten fino a Leleque, dove inoltre si potrà visitare il museo Leleque e degustare una tipica grigliata di carne della Patagonia nella tenuta della compagnia Benetton'.
Anche il museo e' di proprietà dei Benetton. Nel servizio offerto dal treno, chiamato 'SCHE', per il passeggero e' previsto un biglietto unico; treno, entrata al museo e pranzo nelle fattorie dell’italiano; lasciando intendere chiaramente a che punto arriva l’integrazione tra gli interessi dello Stato e quelli dell’impresa.
L’unica piccola difficoltà per portare avanti il progetto, un impiccio come lo chiama Miguel Mateo, coordinatore generale del progetto, sono i quasi 50 bambini che con le loro madri vivono nella stazione dei treni di Leleque e la scuola a cui ricorrono loro insieme ai figli di coloro che lavorano per Benetton.

La stazione
In tutte le stazioni della linea della Trochita, ci sono delle case costruite, dove precedentemente vivevano gli impiegati della ferrovia con le loro famiglie. Dopo la chiusura della linea ferroviaria, lì sono rimasti alcuni pochi impiegati, la maggior parte dei quali già pensionati, e successivamente arrivarono lavoratori agricoli senza dimora che si installarono in queste abitazioni dopo aver ricevuto l’autorizzazione dalla società ferroviaria.
Nella maggior parte dei casi, il cambiamento si rileva per la possibilità di mandare i figli a scuola senza che dovessero farsi tutti i giorni numerosi chilometri a piedi o a cavallo.
Per tutta la metà del ventesimo secolo, la stazione di Leleque ha sognato di diventare una cittadina, con servizi quali la posta, un posto di polizia e una strada asfaltata vera e propria. Don Yanez, 74 anni di età di cui 40 passati a Leleque, racconta che 'qui era bello, non c'erano problemi, non cerano furti, I Serquis avevano un bar proprio dove ora c e' il museo, e si riempiva di gente.'. Era una meraviglia, c'era abbastanza gente, con famiglie anche numerose, ed e' per questo che e' stata aperta la piccola scuola. Chiunque camminava come un padrone, andava per i campi, cacciava qualche animale, procurava uovo di struzzo. Una volta dissero addirittura che avrebbero fatto una come una riserva indigena, arrivammo a misurare il terreno, ma alla fine non se ne fece nulla.'
Con la chiusura del treno e l’arrivo in zona dei nuovi padroni, tutto cambiò, e a detta di tutti i vecchi abitanti per il peggio. Laura, impiegata de 'La Compania' da 40 anni e profonda conoscitrice della zona, ci spiega che 'Benetton appena arrivato licenziò molta gente. Se prima cerano 250 lavoratori, adesso il numero non arriva a 100 in tutta la zona che dipende da Leleque'.
Oltre a ciò, si presero nuove terre; Laura spiega che 'la strada per il fiume Chubut, che e' una strada comunitaria non dovrebbe essere chiusa. Ci sono cancellate a chiave, e per entrare devi chiedergli permesso e non si può pescare più del consentito perché non te lo permettono. In fondo alla strada vivono delle famiglie, però non possono uscire da lì, devono fare 90 chilometri in più.
Anche la vecchia stazione di Leleque ha sofferto dei cambiamenti. Don Yanez si lamenta che 'adesso siamo intrappolati e possiamo uscire solo da un lato', perché da anni le vecchie strade comunitarie sono state incorporate dalle proprietà dei Benetton. Leleque e' rimasta un’isola di un ettaro nel mezzo di un mare di recinzioni, e nemmeno si può transitare per le vecchie vie provinciali. ‘
I problemi con i proprietari per questi motivi sono frequenti. Don Yanez e' stato protagonista di alcuni di questi. "Una volta sono stato attaccato dall’amministratore. Mi chiese perché gli stessi occupando il campo. Io gli dissi 'Signore, io non sto occupando nessun campo, lavoro da queste parti da 40 anni'. Non successe niente ma mi rimproverò ugualmente, non tenevo niente di più che un ramo e lui aveva dei guardaspalle.”.
Da 3 anni, l’ostilità degli amministratori de 'La Estancia', agli ordini di un responsabile non casualmente di nome Ronald Mac Donnals, si e' trasformato in un progetto concreto. Le intenzioni della compagnia erano sgomberare le case, smantellare la stazione e spostare tutto nella parte dietro del museo, affinché si potesse mettere in essere il percorso turistico completo. E se ancora il progetto non e' avanzato a causa di un ricorso che ha dichiarato la stazione 'patrimonio provinciale', l’idea e' rimasta fluttuante nell’aria, e la minaccia di sgombero ha cominciato a rovinare la vita degli abitanti del luogo. Lo stato, come al solito, si e' convertito nell’incaricato di fare 'il lavoro sporco, di togliere degli abitanti dal luogo in cui vivono.

Gli sgomberati di sempre

Una rapida occhiata ai cognomi delle famiglie minacciate e' sufficiente per farsi un’idea della situazione; Nahuelquir, Curiñanco, Antieco, Quilaqueo; tutti cognomi originari del popolo Mapuche, contadini strappati alle loro terre e costretti a lavorare per un salario da fame affinché i loro sfruttatori continuino ad arricchirsi. La situazione sociale nella zona e' critica. Le case non hanno l'acqua potabile, e per recuperarla bisogna scavalcare una recinzione dei Benetton e andare con le taniche fino ad un ruscello che di inverno diventa secco. Non ce' gas, e la caccia e la raccolta delle uova di struzzo e' regolata dal capriccio de 'La Compania'. Non ce' nemmeno un presidio sanitario, a detta degli abitanti perché 'La Compania' si e' opposta alla proposta. Molti fanno notare che la guardia medica aveva detto di aver parlato con MacDonnals ma che lui non ha dato l'approvazione'. Il medico, quindi, viene una sola volta al mese, quando "già tutto il mondo e' guarito. Il mese scorso tutti i bambini avevano la tosse, e quando e' arrivato già stavano tutti bene".
Nonostante questa 'disattenzione', o forse come parte di essa, tutte le donne del luogo ricevono gratuitamente il DIU, un dispositivo intra-uterino che impedisce che possano rimanere incinte di nuovo.
Silvana Vazquez e' la direttrice e una delle maestre della scuola n. 90 di Leleque. Gli alunni, divisi in due piccole classi, ricevono tutti i giorni un pasto caldo e un’educazione che gli permette di completare il nono anno dell’EGB. Silvana racconta con angoscia le peripezie che stanno vivendo gli alunni e il personale della scuola.
"E' da due o tre anni che non possiamo più portare avanti i progetti che abbiamo. Vogliamo fare un orto biologico, piantare alberi, ma viviamo sempre sotto la minaccia di dovercene andare. E' una situazione stressante, nonostante il luogo sia tranquillo, perché non sappiamo cosa potrà succedere il prossimo anno".  Hanno cominciato a venire - racconta - per fare pressione direttamente sulle famiglie, alle madri che vivono in casa con i loro figli, vanno casa per casa, ma alla scuola non sono mai venuti. Vengono dando in ogni casa una notizia differente, nulla e' mai chiaro”. Questo genere di pressioni e' fatto direttamente dal personale de 'La Compania'.

Una delle principali promesse che gli abitanti di Leleque hanno ricevuto da parte dello Stato e' di consegnarli delle case e dei terreni a Esquel o a El Maiten, a basso costo o attraverso dei crediti emessi dallo Stato stesso.
A Patrizia, che ha 6 figli, le hanno detto che "ci avrebbero fatto una casa a basso costo a Esquel. Che dobbiamo trovare il terreno e che loro poi si fanno carico dei materiali". A Norma e ai suoi 9 figli, le hanno offerto un accordo differente. Racconta che le hanno chiesto "se teniamo un altro posto dove andare, o se potevamo trovarne uno, perché vogliono sistemare questo posto perché ci venga a lavorare gente del turismo". A Dona Candelaria, una pensionata delle ferrovie di 87 anni, le hanno promesso prima una casa a Esquel, che lei ha rifiutato perche come dice vivere in quella città sarebbe come "essere detenuta", e allora hanno cominciato a dirle che si sarebbe potuto
trattare perché lei rimanesse lì. Però al suo vicino, Don Yanez, gli hanno detto che "sarà difficile che la vecchietta che vive qui di lato potrà rimanere".

E così e' stato con tutte le famiglie.

Le varie promesse non sono state mai mantenute, nonostante la minaccia di sgombero diventasse giorno dopo giorno più concreta. "Vogliamo fare il trasloco prima dell’estate", spiega diligentemente il funzionario della compagnia ferroviaria, come se si trattasse di un semplice spostamento di cose.
Alla fine di Agosto, per aumentare la pressione, e' arrivata una cirolare che soddisfa una vecchia aspirazione degli amministratori de 'La Compania'; la proibizione di tenere animali, dal bestiame fino ai cani e le galline, una delle poche forme di sussistenza che hanno gli abitanti del luogo.
Le pressioni sono continuate con lo scopo di convincere i ragazzi della scuola, proponendo addirittura di portarli in centri d’accoglienza nella zona. Patrizia racconta che "Quando e' venuto Don Matteo mi ha chiesto se avevo ritirato i libretti dei ragazzi, lui voleva toglierli dalla scuola ma io non glieli diedi". Lo stesso funzionario ha redatto richieste di terreni a El Maiten e Esquel a nome della sua famiglia, per accelerare o trasferimenti. Quando gli chiediamo sopra la situazione di Patrizia e dei suoi figli, Miguel Mateo si e' giustificato dicendo "di aver fatto la richiesta come favore, perché lei lo aveva chiesto ma non l' aveva ancora fatta. Le ho detto di leggerla e di tenersi una copia". Però per Patrizia le cose sono differenti. Ci spiega che il funzionario "ha voluto che firmassimo delle carte, però io non ne ho firmata nessuna, perché non so leggere".

Il vecchio mestiere di resistere.

Da poco, e con la minaccia dello sgombero sempre più vicina, gli abitanti hanno cominciato a organizzarsi. Patrizia ci racconta che quando arriva il funzionario della compagnia ferroviaria "prima andava di casa in casa, e non sapevamo cosa diceva agli altri, non ci riceveva mai insieme, adesso ce' più unione e ne parliamo tra tutti".
Uno degli esempi che portano gli abitanti e' quello della stazione di Nahuelpan, che sta sulla stessa tratta ferroviaria, dove arrivano quasi 12.000 turisti all’anno. A differenza della stazione Leleque, quella di Nahuelpan sta' all’interno della comunità Mapuche, e le case della vecchia stazione, dove vivono parecchi abitanti della zona, sono stare ristrutturate dal comune.
Dal momento che lì non ci sono interessi di Benetton, i poveri non sembrano dare fastidio, e la maggior parte di essi vendono torte fritte, organizzano cavalcate e vendono artigianato Mapuche ai turisti. Prane, uno dei Tehuelche che vive a Nahuelpan, ci racconta che tutte le volte che passa il treno, guadagna tra i 40 e gli 80 pesos, e che la maggior parte delle volte, la domanda finisce per essere superiore all’offerta di pane e torte che cucina nella sua casa.
Patrizia vede le cose in modo diverso. Si rammarica che "per loro non valiamo niente. O che non abbiamo alcuna capacità". Però tutte loro, dalla più giovane fino a Dona Candelaria, sono esperte, come qualsiasi altra donna Mapuche, nel filare e nella tessitura, oltre al fatto che sono eccellenti cuoche, e in attività da cui si potrebbe trarre guadagno in campo turistico.
I bambini di Leleque anche loro hanno molto da dire. La maestra racconta che "arrivò a scuola un progetto del ministero dell’educazione in collaborazione con le poste, dove i bambini dovevano scrivere lettere con il francobollo già pagato dalle poste. Abbiamo fatto un lavoro con gli alunni del terzo ciclo, e loro hanno scritto lettere a tutti i giornali del paese. Si lamentano della situazione penosa in cui vivono, dicono che vogliono rimanere, che non vogliono che si chiuda la scuola.
Anche gli stessi impiegati di Benetton sono scontenti della situazione. Laura ci conferma che "non e' solo la gente della compagnia ferroviaria che vuole sgomberare la gente. Fanno lo stesso da tutte le parti perché non vogliono lasciare gente estranea alla compagnia".

Il vecchio mestiere di sgomberare.

I tramonti a Leleque, tra le colline e l’orizzonte recintato da Benetton sono uno spettacolo imponente, Il vento fa volare le foglie degli alberi, mentre tutto si tinge di dorato, si ascoltano le risa dei bambini che giocano a calcio dentro il perimetro della stazione.
E' uno spettacolo patagonico. Inospitale ma con tutto il fascino che solo la natura può avere.
E' una vita così tranquilla che l’arrivo di una visita o qualsiasi fatto fuori dalla quotidianità si converte in una notizia di cui si parla per molto tempo, e va a far parte della serie di aneddoti che, condividendo un matè amaro, ci raccontano gli abitanti del luogo.
Di notte, il silenzio solo viene interrotto dal crepitare della legna nelle stufe, e il latrato di alcuni cani che da lontano difendono le pecore dalle volpi in cerca di cibo.
Penso che solo per il fatto di smantellare questo luogo, e di togliere il sorriso ad un pugno di bambini, Benetton non ha alcun diritto di appropriarsi di un centimetro di più.
Però non si tratta solo di questo, ma sopratutto di una sequenza di sgomberi ed ingiustizie che ormai si succedono da più di 100 anni, e che l’arrivo di nuovi re della Patagonia non ha fatto altro che ravvivare. L’acquisto di una provincia intera, lo sgombero dei Curiñanco un anno fa', la chiusura e la deviazione del corso di alcuni fiumi e strade comunitarie, la recinzione di terre e riserve indigene, sono solo i precedenti di questo nuovo caso di sgombero, forse il più grande e il più auspicato da parte dello Stato negli ultimi anni.

Permetteremo che si prendano un altro pezzo di paese?